Protocollo di Madrid

Sistema di Madrid e marchi regionali, manca l'armonizzazione. La Cina se ne accorge

Le procedure di registrazione dei marchi internazionali (vedi sistema di Madrid) mancano di una effettiva armonizzazione con quelle nazionali. Infatti, molto spesso, gli utenti che estendono i propri marchi internazionali ricevono dei rifiuti dagli esaminatori interessati.

Alcuni dei rilievi più frequenti riguardano l’incongruenza della descrizione merceologica rispetto alle diciture previste nel Paese designato, oppure le differenti regole di rappresentazione e di valutazione concernenti alcune tipologie di marchio.

Altri motivi di difficoltà sono la rigidità e l’ostinazione con le quali le amministrazioni interessate valutano i singoli casi, evitando, molto spesso, riflessioni costruttive e ragionevoli.

Un segnale di un cambiamento di rotta arriva proprio da un Paese generalmente considerato restio a questo genere di cambiamenti, la Cina.

Sale infatti alle cronache una sentenza della Suprema Corte di Pechino che ha concesso il marchio di Christian Dior consistente nella particolare forma di una bottiglia utilizzata per identificare un profumo in classe 03.

La fattispecie è iniziata quando Christian Dior ha esteso il suo marchio in Cina tramite il protocollo di Madrid ottenendo un rifiuto dall’Ufficio Marchi Cinese in quanto ritenuto privo di carattere distintivo. Il punto interessante della vertenza non è tanto come la Suprema Corte di Pechino abbia interpretato le prove tese a dimostrare la notorietà del marchio, o il fatto che lo stesso richiedente fosse già titolare di un marchio simile in Cina, quanto che abbia riconosciuto l’errore dell’esaminatore, il quale aveva valutato il segno di Christian Dior come marchio convenzionale mentre era stato originariamente depositato all’OMPI come marchio tridimensionale.

Christian Dior ha impiegato anni e numerosi gradi di giudizio per vedersi riconoscere questo errore valutativo che poi si è riflesso positivamente sulle restanti motivazioni, ma la decisione merita ulteriore attenzione perché, nel dicembre scorso, è stata classificata dalla stessa Suprema Corte di Pechino come “caso guida” con evidenti benefici in termini di economia processuale per tutte quelle fattispecie caratterizzate da elementi identici o simili a quello del caso Christian Dior.

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